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Macelli e Covid-19: impianti di lavorazione della carne al centro di focolai in tutto il mondo. Situazione critica negli USA

Caotici e folli. Così il Guardian, riprendendo un commento di Ben Lilliston dell’Institute for agriculture and trade policy britannico, definisce i grandi macelli che in molti paesi stanno diventando focolai di Covid-19, preoccupando le autorità sanitarie. Questi luoghi, insieme agli allevamenti intensivi e ai wet market, rappresentano diversi aspetti di un rapporto malato con la natura, di cui l’umanità paga ora il conto.

Sempre meno gestiti da macellatori indipendenti e sempre più anelli di filiere enormi, in mano a colossi di dimensioni planetarie come Cargill e Tyson Food, ma al tempo stesso luoghi dove vigono condizioni di lavoro che vengono sovente accostate alla schiavitù, i macelli hanno sempre continuato a lavorare durante la pandemia (almeno fino allo scoppio dei focolai), questo ha favorito la diffusione del coronavirus, all’interno e all’esterno.

Il caso più eclatante è quello degli Stati Uniti, con oltre 180 impianti colpiti, ma situazioni analoghe si segnalano in Irlanda, Spagna, Germania, Regno Unito, Canada, Brasile e Australia. L’effetto drammatico è l’abbattimento obbligato di migliaia di capi che gli allevatori non si possono più permettere di mantenere a causa dell’inceppamento della filiera della carne.

Come tutto ciò sia potuto succedere è abbastanza chiaro. Per le particolari situazioni lavorative che si creano nei macelli, spesso non è stato possibile indossare le opportune protezioni o introdurre le misure di distanziamento e disinfezione, spiega il Guardian. In più in molti paesi la forza lavoro è costituita da immigrati, anche irregolari, che sfuggono ai controlli e vivono in abitazioni affollate, dove il contagio si diffonde velocemente.

Il risultato è un lungo elenco di focolai.

La contraffazione è la maggiore minaccia!

Secondo un’analisi condotta da un team di ricercatori dell’Università di Belfast su 413 casi di frode identificati tra il 1997 e il 2017 nella catena di approvvigionamento delle carni bovine, la contraffazione risulta essere la maggiore minaccia per la filiera, rappresentando il 42,9% dei casi di frode. Secondo lo studio inoltre l’elaborazione primaria risulta essere l’area più vulnerabile, rappresentando il 35,8% delle segnalazioni.

Lo scandalo “Horsemeat” del 2013, scatenatosi con l’identificazione di carne di cavallo all’interno di preparati surgelati e prodotti a base di carne che secondo l’etichetta avrebbe dovuto essere bovina, ha messo in luce le vulnerabilità della catena di approvvigionamento europea delle carni bovine. Questo scandalo ha comportato richiami di prodotti di massa in tutta Europa, una flessione delle vendite di carne bovina e conseguenti perdite economiche per gli attori della filiera.

Un gruppo di ricercatori della Queen’s University di Belfast ha quindi deciso di effettuare
una review con l’obiettivo di migliorare la comprensione della vulnerabilità della catena di approvvigionamento delle carni bovine mediante l’uso dell’analisi delle tendenze, di consentire la formulazione di strategie che potrebbero aiutare a prevenire e individuare le frodi nei prodotti a base di carne bovina e di facilitare in futuro una maggiore protezione per i consumatori e l’industria.

Comprendendo meglio le frodi che si stanno verificando possiamo mirare alla prevenzione, rilevazione e mitigazione delle frodi e quindi ad una migliore protezione della catena di approvvigionamento” ha riferito Kelsey Robson, del Gruppo per la Sicurezza Alimentare della Queen’s University di Belfast, a FoodNavigator.

In relazione al tipo di frode, la contraffazione dei prodotti rappresenta la più grande minaccia alla catena di approvvigionamento della carne bovina. La trasformazione primaria è l’area più vulnerabile.

Arriva il marchio di sicurezza per i prodotti made in Italy!

Il prodotto Made in Italy è al centro del progetto per stabilire il marchio di riconoscibilità per i cibi dei più piccoli: l’annuncio arriva direttamente dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

Un marchio che certifica la sicurezza del prodotto Made in Italy sarà visibile sulle confezioni degli alimenti destinati ai più piccoli: ad annunciarlo è stato il Ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova: l’obiettivo è quello di promuovere una corretta alimentazione e la qualità dei prodotti destinati ai bambini.

La Bellanova si è detta entusiasta per il progetto: “Per noi è una priorità assoluta promuovere l’alimentazione corretta. Questa è una scelta di valore con un impegno quinquennale che riguarderà i prodotti delle varie filiere per un totale di 25mila tonnellate”. I prodotti sotto la lente d’ingrandimento sono oliocarneortofrutta e pesce, rigorosamente 100% prodotto italiano. L’idea è anche quella di affidabilità per un marchio che sia sicuro e che punti alla valorizzazione delle vendite all’estero.

Le aziende dei cibi per bambini hanno sposato il progetto e vogliono contribuire per la certificazione italiana della propria filiera. Si tratta di un percorso di trasparenza che incentiverà i consumatori ad acquistare prodotti di qualità e assolutamente sicuri.

Una sana e corretta alimentazione, partendo proprio da piccoli, è un buon segnale per la vita futura per i tuoi figli, nipoti o anche semplici conoscenti: mangiare sano non è cosa di poco conto, tutt’altro.

Vuoi saperne di più?
https://www.ohga.it/lalimentazione-corretta-per-i-bambini-passa-anche-dalla-qualita-arriva-il-marchio-di-sicurezza-per-i-prodotti-made-in-italy/


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